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mercoledì 9 gennaio 2013

Rischio sismico

Per prima cosa dobbiamo definire il "rischio sismico": è il risultato dell'interazione tra il fenomeno naturale e le principali caratteristiche della comunità esposta. Si definisce come l'insieme dei possibili effetti che un terremoto di riferimento può produrre in un determinato intervallo di tempo, in una determinata area, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità del terremoto).

La determinazione del rischio è legata a tre fattori principali:


- pericolosità: esprime la probabilità che, in un certo intervallo di tempo, un'area sia interessata da terremoti che possono produrre danni; dipende dal tipo di terremoto, dalla distanza tra l'epicentro e la località interessata nonché dalle condizioni geomorfologiche; la pericolosità è indipendente e prescinde da ciò che l'uomo ha costruito;
- esposizione: è una misura dell'importanza dell'oggetto esposto al rischio in relazione alle principali caratteristiche dell'ambiente costruito; consiste nell'individuazione, sia come numero che come valore, degli elementi componenti il territorio o la città, il cui stato, comportamento e sviluppo può venire alterato dall'evento sismico (il sistema insediativo, la popolazione, le attività economiche, i monumenti, i servizi sociali);
- vulnerabilità: consiste nella valutazione della possibilità che persone, edifici o attività subiscano danni o modificazioni al verificarsi dell'evento sismico; misura da una parte la perdita o la riduzione di efficienza, dall'altra la capacità residua a svolgere ed assicurare le funzioni che il sistema territoriale nel suo complesso esprime in condizioni normali; ad esempio nel caso degli edifici la vulnerabilità dipende dai materiali, dalle caratteristiche costruttive e dallo stato di manutenzione ed esprime la loro resistenza al sisma.

Come abbiamo potuto toccare con mano, le valutazioni del livello del rischio sismico effettuate fino ad oggi non possono essere considerate come una certezza: in Emilia il rischio sismico era basso semplicemente perché i terremoti erano (e sono) previsti con scarsa frequenza, NON perché non possano manifestarsi in assoluto.


L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta (per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità molto elevata (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). La nostra Penisola è dunque ad elevato rischio sismico, in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un terremoto.

Una delle cause principali di morte durante un terremoto è il crollo degli edifici. Per ridurre la perdita di vite umane, è necessario rendere sicure le strutture edilizie. Oggi, le norme per le costruzioni in zone sismiche prevedono che gli edifici di nuova costruzione non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non abbiano danni strutturali per terremoti di media intensità e non crollino in occasione di terremoti forti, pur potendo subire gravi danni.

Un edificio può riportare danni strutturali agli elementi portanti (pilastri, travi) e/o danni non strutturali agli elementi che non ne determinano l’instabilità (camini, cornicioni, tramezzi). Il tipo di danno dipende da: struttura dell'edificio, età, materiali, luogo di realizzazione, vicinanza con altre costruzioni e elementi non strutturali. Quando si verifica un terremoto, il terreno si muove orizzontalmente e/o verticalmente, sottoponendo un edificio a spinte in avanti e indietro. L’edificio inizia così a oscillare, deformandosi. Se la struttura è duttile, e quindi capace di subire grandi deformazioni, potrà anche subire gravi danni, ma non crollerà. Il danno dipende anche dalla durata e dall’intensità del terremoto.

Le case in legno hanno una grande capacità naturale di resistere ai terremoti, proprio per le capacità di flessibilità e resistenza dal legno stesso; sono stati fatti test con simulazione di un terremoto con magnitudo 7,2 in una palazzina costruita in legno, 7 piani di ben 24 metri di altezza, il risultato è sorprendentemente buono (guarda qui).


Dopo un terremoto, per valutare la vulnerabilità degli edifici è sufficiente rilevare i danni provocati, associandoli all’intensità della scossa. Più complessa è invece la valutazione della vulnerabilità degli edifici prima che si verifichi un evento sismico. Per questa sono stati messi a punto metodi di tipo statistico, meccanicistico, o i giudizi esperti.

I metodi di tipo statistico classificano gli edifici in funzione dei materiali e delle tecniche con cui sono costruiti, sulla base dei danni osservati in precedenti terremoti su edifici della stessa tipologia. Questa tecnica richiede dati di danneggiamento dei passati terremoti, non sempre disponibili, e non può essere utilizzata per valutare la vulnerabilità del singolo edificio, perché ha carattere statistico e non puntuale.
I metodi di tipo meccanicistico utilizzano, invece, modelli teorici che riproducono le principali caratteristiche degli edifici da valutare, su cui vengono studiati i danni causati da terremoti simulati.
Infine, alcuni metodi utilizzano i giudizi esperti per valutare il comportamento sismico e la vulnerabilità di predefinite tipologie strutturali, o per individuare i fattori che determinano il comportamento delle costruzioni e valutarne la loro influenza sulla vulnerabilità.

Per poter valutare la vulnerabilità degli edifici su tutto il territorio nazionale è necessario ricorrere a metodi statistici che utilizzino dati omogenei sulle caratteristiche degli stessi. Per il territorio italiano sono disponibili i dati dei censimenti Istat sulle abitazioni, che vengono utilizzati nell’applicazione di metodi statistici.


Lo STUDIO TECNICO BOLOGNINI è a disposizione per verifiche puntuali dei fabbricati o altri eventuali approfondimenti.

Fonte: Dipartimento della Protezione Civile, leggi QUI.

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