... con attenzioni verso l'ambiente e il territorio, le persone e i servizi, convinti sostenitori della bio-edilizia, della sostenibilità ambientale e della resilienza ...
Visualizzazione post con etichetta nuove costruzioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta nuove costruzioni. Mostra tutti i post

martedì 7 gennaio 2014

Notariato: APE obbligatorio nelle ristrutturazioni

Il Consiglio Nazionale del Notariato, con lo studio 657-2013/C approvato dall’Area Scientifica -Studi Pubblicistici il 19 settembre 2013 interviene sul problema della certificazione energetica, dall’Attestato di Certificazione all’Attestato di Prestazione Energetica.

Lo studio, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato, approfondisce la tematica della certificazione energetica nell’edilizia, analizzando, principalmente, l’impianto normativo nazionale, gli scopi e le funzioni della normativa in materia di efficienza energetica e di contenimento dei consumi e fa seguito alle “Prime note interpretative relative alla allegazione dell’ape a pena di nullità” predisposte a cura dell’ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato - settore studi pubblicistici alla fine del mese di luglio scorso.

Il nuovo studio è suddiviso nei seguenti paragrafi:

La certificazione energetica: normativa, scopi e funzioni
L’obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica
L’obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione energetica
L’obbligo di consegna dell’attestato di prestazione energetica
Esclusioni dall’obbligo di dotazione e dall’obbligo di allegazione
La dichiarazione di ricevuta “informativa”
La validità temporale dell’attestato di prestazione energetica
I soggetti certificatori

Lo studio nel paragrafo 2 tratteggia l’obbligo di dotazione dell’APE precisando che tutti gli edifici che comportino un “consumo energetico” (esclusi, pertanto, gli edifici il cui consumo energetico sia inesistente o del tutto irrilevante) debbono essere dotati, ai sensi dell’art. 6, comma 1 del d.lgs. 192/2005, dell’attestato di prestazione energetica.

L’obbligo di dotazione riguarda sia gli interi edifici che le singole unità immobiliari che li compongono.

Nello studio viene precisato che alcuni edifici debbono essere dotati della certificazione energetica a prescindere da un loro trasferimento, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, o da un nuovo contratto di locazione; si tratta in particolare:

- dei nuovi edifici;
- degli edifici ristrutturati con interventi edilizi, in qualunque modo denominati (a titolo indicativo e non esaustivo: manutenzione ordinaria o straordinaria, ristrutturazione e risanamento conservativo) che insistono su oltre il 25 per cento della superficie dell'involucro dell'intero edificio, comprensivo di tutte le unità immobiliari che lo costituiscono;
- degli edifici pubblici.

Debbono, poi, essere dotati della certificazione energetica in occasione di un trasferimento sia a titolo oneroso che gratuito o di un nuovo contratto di locazione tutti gli edifici (a prescindere dall'epoca di costruzione) che comportino un “consumo energetico”.

Nello studio del Notariato viene anche precisato che l’obbligo di dotazione e consegna (ma non anche quello di allegazione) dell’attestato di prestazione energetica sussiste anche in occasione della stipula di un preliminare di vendita.

Per quanto concerne, invece, il problema dell’allegazione, nel paragrafo 3 viene precisato che l’obbligo di allegazione è strettamente collegato all’obbligo di dotazione della certificazione energetica. Anzi, l’obbligo di dotazione, in occasione di un atto traslativo o di nuova locazione, può ritenersi funzionale proprio all’osservanza dell’obbligo di allegazione. Ne discende che non sussiste obbligo di allegazione laddove sia escluso l’obbligo di dotazione.

I notai chiariscono, anche, che nel caso di ritrasferimento di immobile già oggetto di atto traslativo cui è stato allegato l'attestato energetico, non è possibile richiamare il documento già allegato al titolo di provenienza ed occorre allegare, nuovamente l’attestato.

Fonte: Lavori Pubblici, leggi QUI.

lunedì 18 novembre 2013

Un suolo edificato può tornare fertile? In tempi biblici forse, in tempi umani certamente no

In generale un cittadino, quando parla di suolo, lo concepisce come qualcosa di inerte, fastidioso e sporco. Non pensa di essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.

Il suolo respira, mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.

I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere umano ha allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha trovato il modo di nascere e evolversi costantemente ma nell’arco di millenni.

Questa differenza deve essere compresa e accettata con rispetto.


Pino Loricato nel Parco Naturale del Pollino (foto da www.parcopollino.it)

Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il suolo? In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per germogliare. Di cosa ha bisogno? Di acqua che scioglie la roccia che forma della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione del suolo. Se interveniamo in questo delicato processo si perde l’albero, si rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.

Lo stesso processo vige su un suolo in pianura. Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose che non solo la roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel lavoro di trasformazione tra microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.

Una branca specializzata della scienza del suolo si é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’ impressionante vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta e suolo). Inoltre la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali), come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi gassosi all’interno di tutta la massa terracea.

Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i contadini con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e forestale. Fin qui tutto é “normale”: regoliamo consapevolmente ritmi biologici ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.
Ma, quando l’essere umano modifica il processo creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica anche i suoi ritmi biologici.

Una strada o una casa agisce non solo sui metri quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante: limita che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante, evita l’accumulo di sostanza organica che con la sua trasformazione dà gli elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare condannandolo all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro ecosistema che permetteva al suolo di vivere crescere produrre.
Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’ cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani sicuramente no.

Tutto il processo é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1 – 2 cm per cento (100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’ facile capire che, in termini di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.
Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.

Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro “pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro ecosistema non é stato alterato. Ma le piante nei vasi hanno bisogno di cure specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per la propria sopravvivenza. E’ come avere dei pesci rossi in un boccale e doverli mantenere in vita.
In altre parole, e continuando il paragone con gli esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori, mani, polmoni … ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo occupato da infrastrutture umane.

Fonte: Salviamo il Paesaggio, leggi QUI.

domenica 29 settembre 2013

Perchè dire no alla costruzione di nuove case


Suona strano detto da un geometra.

Eppure è un dato di fatto: siamo ormai giunti al punto di non ritorno.


Stop alla nuove costruzioni, è ora di riqualificare.

Occorre fermare le nuove costruzioni per puntare alla riqualificazione edilizia, energetica e urbanistica: “La crisi economica, gli obiettivi europei da raggiungere entro il 2020, il calo delle nuove costruzioni, il bisogno di risparmio delle famiglie e quello di far ripartire lo sviluppo impongono una svolta: quella di risistemare, riqualificare l’esistente e farlo velocemente", così si espresso Francesco Toso del CRESME, a Sassuolo durante convegno ‘Scenari internazionali per l’edilizia sostenibile e la rigenerazione urbana in chiave green’, nell’ambito del Festival green economy di distretto promosso da Confindustria ceramiche.


Oggi 2,5 milioni di edifici sono in uno stato pessimo o mediocre e quindi 30 milioni di abitazioni necessitano una riqualifica che, pure a livello economico, può portare sviluppo economico.

Le premesse per dare una svolta al mercato dell’edilizia ci sono e sarà interessante vedere se questa cultura innovativa dell’edilizia arriverà alle imprese, agli imprenditori e ai decisori politici.


Ma in poche parole, quale può essere il decalogo per il geometra ambientalista:

1. no alle nuove case, perché ce ne sono fin troppe già esistenti, invendute, sfitte e da ristrutturare (si parla di percentuali imbarazzanti di immobili "inutili");

2. no alle nuove case, perché la cementificazione del territorio riduce sempre più la superficie permeabile del terreno, riducendo quindi la ricarica delle acque sotterranee (sono anni che stiamo attingendo alle riserve di acque fossili, con gravi problemi di subsidenza);


3. no alle nuove case, perché il continuo rivestimento delle zone permeabili contribuisce ai dissesti idrogeologici verificatisi negli ultimi anni (frane, allagamenti, inondazioni...), senza considerare che la riduzione progressiva di terreno agricolo ci rende sempre più schiavi delle importazioni;

4. no alle nuove case, perché abbiamo un patrimonio edilizio esistente immenso da riqualificare, sia dal punto di vista energetico che sismico;

5. no alle nuove case, perché rischiano di divenire eco-mostri abbandonati a causa del fallimento delle imprese costruttrici (la bolla immobiliare è scoppiata, ora raccogliamo i cocci e ricominciamo dalla parte giusta);


6. si alla riqualificazione, perché possiamo dare il meglio per rendere efficiente un edificio (deve essere un impegno di tutti noi tecnici, quello di fornire sempre l'assistenza migliore e più qualificata);

7. si alla riqualificazione, perché le strutture pubbliche esistenti (scuole, comuni, biblioteche, palestre...) hanno necessità di grossi interventi e non è possibile pensare di cambiare fabbricato così come si cambia una giacca;

8. si alla riqualificazione, perché le infrastrutture esistenti (strade e fognature) non possono essere ampliate all'infinito per soddisfare la sete di nuove costruzioni;

9. si alla riqualificazione, perché deve essere uno slogan di stimolo anche per la pubblica amministrazione, che non può e non deve sempre contare sugli oneri delle nuove costruzioni per fare cassa;


10. si alla riqualificazione, per fare del bene all'ambiente, al nostro portafoglio e alle casse della pubblica amministrazione, perché nuove case vuol dire nuove spese.

Lo STUDIO TECNICO BOLOGNINI è a disposizione per eventuali consulenze relative alla riqualificazione energetica o antisismica.