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martedì 18 febbraio 2014

Fotovoltaico sul tetto? Per il Fisco vale come una stanza in più e va accatastato

Ogni giorno pare se ne inventino una nuova, stare al passo con tutto diventa un'impresa difficile.

Ad esempio non tutti sanno che l'impianto fotovoltaico sul tetto di casa, se ha una potenza superiore a 3 kW, potrebbe far aumentare la rendita catastale, e quindi l'Imu, la Tasi e le altre imposte che hanno come base il valore catastale (ad esempio, il registro in caso di compravendita). 

Installati per abbattere i costi in bolletta e per incassare gli incentivi pubblici sull'energia prodotta – secondo la tesi del Fisco – i moduli fotovoltaici vanno considerati come una "appendice" dell'abitazione che aumenta il suo valore. 

A chiarirlo è una circolare dell'agenzia delle Entrate (n. 36/E del 19 dicembre 2013) che ha esentato dall'obbligo gli impianti "minori" e definito nel dettaglio le circostanze in cui i pannelli vanno registrati al Catasto. Gli edifici a rischio La questione è delicata, perché in genere un impianto di 3 kW è esattamente quello che serve per coprire i consumi di una famiglia-tipo. 

Fino a qualche anno fa, però, gli incentivi erano così ricchi che molti proprietari hanno scelto di installare impianti un po' più potenti, così da massimizzare l'incasso delle "tariffe incentivanti": quando il tetto di casa era abbastanza spazioso, molti hanno scelto moduli da 4, 6 o anche 10 kW di potenza (in media, 1 kW richiede circa 7 metri quadrati di superficie). 

Sono proprio queste le situazioni in cui bisogna verificare se la rendita catastale dell'unità immobiliare va aggiornata o no. Secondo gli ultimi dati del Gse – aggiornati al 31 gennaio scorso – in Italia ci sono 176mila impianti i cui titolari possono stare tranquilli, perché hanno una potenza inferiore a 3 kW, mentre ce ne sono 312mila a rischio, con una potenza compresa tra 3 a 20 kW.

Il criterio per l'accatastamento

Quando il fotovoltaico è al servizio di un'unità immobiliare già accatastata, la circolare delle Entrate ribadisce che la variazione catastale è obbligatoria solamente quando il valore dell'impianto supera il 15% della rendita catastale. 

Piccolo problema: per il proprietario è impossibile valutare da solo se il rapporto viene superato o no. 

Anche perché il risultato finale dipende dalla rendita di partenza, che può essere molto diversa a seconda della categoria catastale: molte villette, ad esempio, non sono iscritte in Catasto come A/7 (villini), ma come A/2 (abitazioni civili), e proprio per questo valgono meno agli occhi del fisco. In questi casi, arrivare all'obbligo di aggiornamento catastale potrebbe essere più facile. Al contrario, sulle abitazioni di recente costruzione (o dove la rendita catastale è stata aggiornata per grandi lavori di ristrutturazione) sarà più difficile che il valore dell'impianto fotovoltaico sul tetto incida per oltre il 15 per cento. 

La conclusione comunque è una sola: per fare una valutazione corretta bisogna coinvolgere un professionista abilitato, come un geometra, perché valuti se è necessario aggiornare la rendita. Di quanto? Impossibile generalizzare, perché di fatto l'impianto farà salire la rendita di una o più "classi", ma si può ipotizzare che su una villetta con una rendita di 1.200 euro l'incremento sarà – almeno – di 250 euro.

La mappa degli impianti interessati 

Dei 312mila impianti con una potenza tra i 3 e 20 kW, quasi 46mila si trovano in Veneto. Seguono Lombardia (circa 39mila) ed Emilia Romagna (circa 26mila). Sembra un controsenso, ma non è così: nelle regioni del Sud sono più diffusi i grandi impianti, mentre le strutture di taglia domestica hanno riscosso maggiore popolarità nell'area della pianura Padana. La stessa dove risultano più utilizzate le detrazioni fiscali per il risparmio energetico.

Fonte: Il Sole 24 Ore, leggi QUI.

Scarica la circolare cliccando QUI.

Lo STUDIO TECNICO BOLOGNINI è a disposizione per effettuare le verifiche di legge e successivamente provvedere alla eventuale variazione catastale, contattaci per un preventivo.

sabato 21 settembre 2013

Riforma Catasto e Rendite Catastali in Parlamento: dal vano al metro quadro

20/09/2013 - Riforma del Catasto ai nastri di partenza. Dopo l'OK arrivato dalla Commissione Finanza della Camera, sembrerebbe, infatti, che entro la giornata di oggi si darà il via libera al nuovo testo della delega fiscale al Governo, di cui uno dei temi di maggiore importanza riguarda la revisione del sistema catastale, che comincerebbe così il suo iter il prossimo lunedì.

La grande novità contenuta la riforma del catasto (attesa ormai da tanti anni) è costituita dal superamento del vano catastale, utilizzando come unità di riferimento il metro quadrato. Per quanto riguarda il calcolo del valore patrimoniale delle unità immobiliari, saranno utilizzate metodologie differenti in relazione alla specifica destinazione catastale dell'immobile. 

In particolare:
- nel caso di immobili a destinazione catastale ordinaria (A, B e C, come ad esempio le civili abitazioni o i locali commerciali) sarà utilizzato il valore di mercato del metro quadro opportunamente corretto in base ad un coefficiente diverso che sarà funzione della localizzazione e delle caratteristiche edilizie dell'immobile, abbandonando così l'attuale metodologia che utilizza il concetto del vano;
- nel caso di immobili a destinazione catastale speciale (D, come ad esempio gli alberghi) si utilizzerà una metodologia basata sulla stima diretta;
- per gli immobili di interesse storico si effettuerà una stima che terrà conto dei maggiori oneri relativi alla manutenzione, ai vincoli legislativi e all'apporto alla valorizzazione del patrimonio storico nazionale.
Si terrà, dunque, conto della relazione tra valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni con differenze di ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune. Ad esempio, gli appartamenti nel centro storico di Roma, sono oggi accatastati come case popolari, ma in realtà sono abitazioni di prestigio, con un valore di mercato altissimo.

All'indomani dell'OK arrivato dalla Commissione Finanza della Camera, il direttore generale di Nomisma Luca Dondi ha commentato sottolineando il duro colpo alla base dati dell'Agenzia delle Entrate i cui riferimenti, come recita il testo diffuso dal Ministero, rappresenteranno "valori di larga massima" che rischiano di sollevare molti contenzioni. Come se non bastasse il problema dell'attendibilità dei valori e della definizione degli algoritmi di calcolo, il direttore Dondi ha sottolineato che "i perimetri delle zone non derivano da atti normativi ma sono stati definiti sulla base di regolamenti interni all'Agenzia. Queste considerazioni, seppure in parte condivisibili, hanno il duplice effetto di mettere seriamente in discussione uno strumento di calcolo delle basi imponibili che si ritiene presenti meno incoerenze rispetto all'attuale e, cosa se possibile peggiore, di riportare in alto mare la riforma del catasto di cui si discute da circa un ventennio, che sui quei valori sembrava doversi imperniare. Alla luce del clima di ampia condivisione che ha caratterizzato i lavori della Commissione Finanze, si riuscirà finalmente a varare un credibile percorso di riforma del catasto che rimetta in campo gli unici strumenti a disposizione che sono stati incidentalmente messi fuori gioco? E' legittimo avere più di un dubbio in proposito".

Fonte: Lavori Pubblici, leggi QUI.