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mercoledì 22 gennaio 2014

COMPRI UNA CASA, TI REGALO UN CONDONO

Ci sono voluti 11 anni ma alla fine è rispuntato il condono edilizio!

Con buona pace (anzi con l'assoluto silenzio) degli "ambientalisti" del PD, nel decreto-legge c.d. IMU-Bankitalia (n. 133 del 2013), all'articolo 3 comma 1, sono stati riaperti i termini del condono edilizio. 

Non per tutti, beninteso, ma solo per chi compra un immobile dallo Stato o da enti pubblici.

Questa norma, è chiaro a tutti, riaprirà gli appetiti di condono edilizio generalizzato, il malcostume italiano, e smentisce clamorosamente coloro che, quando erano all'opposizione, si stracciavano le vesti al grido: nuovo condono mai più!

Ma le cose cambiano, le parole date in campagna elettorale pure, basta inserire le eccezioni. Per cui la situazione di crisi (foglia di fico di ogni recente nefandezza normativa) giustifica qualsiasi cosa. Il "fare cassa" oggi serve a rendere più appetibile l'acquisto di immobili pubblici (ma, guarda caso, si applica anche a chi l'immobile lo ha già comprato da un anno), domani servirà a giustificare il condono edilizio generalizzato. Il problema, come si è spesso detto, è culturale. In questo caso lo Stato perde ogni credibilità. Come può criticare chi è abusivo, applicargli sanzioni penali, minacciare di demolirgli gli immobili e poi, quando è lui stesso abusivo, non applicare a sé le medesime regole?

La norma in questione è così sgangherata che non chiarisce neanche se si possono condonare abusi in area vincolata (ipotesi esclusa dall'ultimo condono - d.l. 269 del 2003), per quali superfici massime, nè se c'è un termine finale per terminare il fabbricato (il termine massimo previsto dall'ultimo condono era il 31 marzo 2003). Si opera un semplice quanto improvvido rinvio all'articolo 40, comma sesto, della legge n. 47 del 1985, che si applica alla, del tutto residuale, ipotesi di immobili oggetto di procedure esecutive (fallimenti o esecuzioni immobiliari) ed è assolutamente povero di indicazioni. Pertanto, per come è formulata questa norma di mero rinvio, fioriranno interpretazioni che, c'è da scommetterci, affermeranno che l'abuso edilizio potrà essere condonato anche se realizzato successivamente all'acquisto da parte del privato, basta che si rispetti il termine di un anno per presentare la relativa domanda di sanatoria. E' il due per uno dello Stato, è l'ennesima prova di pochezza morale, ancor prima che legislativa, del Governo.

Attualmente la battaglia per abrogare questa norma, già in vigore dal 30 novembre 2013, si sta combattendo alla Camera, dopo che l'attuale maggioranza l'ha approvata al Senato il 9 gennaio 2014. Sono stati presentati emendamenti soppressivi da alcuni schieramenti politici di opposizione (ad esempio ce n'è uno a firma Barbanti ed altri M5S) e si spera che le forze politiche di maggioranza elimino questa disposizione appoggiando gli emendamenti soppressivi, che si voteranno in Assemblea probabilmente da giovedì 23 gennaio in poi.

Art. 3 Disposizioni in materia di immobili pubblici

In vigore dal 30 novembre 2013

1. Ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano anche alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato comma 6 dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 può essere presentata entro un anno dall'atto di trasferimento dell'immobile.

2. Al comma 1, dell'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo, dopo le parole «i beni immobili ad uso non», è inserita la seguente: «prevalentemente»;

b) dopo l'ultimo periodo sono aggiunti i seguenti:

«L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in questo caso, ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma.».

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